Immagini decostruite

Esempio di architettura decostruttivista (Peter Eisenman)
Esempio di architettura decostruttivista (Peter Eisenman)

Siamo abituati a vedere come ci hanno insegnato ed è da più di seicento anni che abbiamo imparato a rappresentare in forme bidimensionali prospettiche quello che vediamo, tuttavia anche il semplice guardare è un momento attivo, un processo “creativo”, perché il nostro cervello non registra tutto ciò che percepisce ma individua, seleziona, riconosce.

Il processo di visione è qualcosa di più complesso di una semplice osservazione statica e passiva della realtà. Quando osserviamo una persona, un oggetto o qualsiasi cosa porti la nostra attenzione su di sé, i nostri occhi compiono involontariamente dei piccoli movimenti di “scansione” della scena, focalizzando alcuni elementi più di altri. Questa scansione è diversa per ogni individuo a seconda delle proprie basi culturali, degli interessi e delle aspettative.

In particolare osservando un paesaggio, percepiamo la scena intera ma ne focalizziamo realmente soltanto minime parti per volta scelte in modo del tutto soggettivo e dipendente dalla sensibilità individuale. È poi il cervello a rielaborare tutti questi stimoli in una visione coerente.

Quando scattiamo una fotografia ci viene restituito il passaggio finale dell'atto di osservare, in un certo senso una sintesi, un'astrazione del processo del vedere. Il linguaggio tradizionale della fotografia con l'uso della prospettiva, dello sfocato e di altri artifici ci aiuta a suggerire un punto di interesse a chi la osserverà ma non racconta il processo visivo che sta dietro l'immagine.

Il mio obiettivo qui è quello di fissare nelle fotografie queste reazioni più intime a ciò che vedo. E di introdurre il tempo dove di solito si rappresenta soltanto il congelamento di un attimo.

L'ispirazione arriva dal movimento decostruttivista.

 

Il teorico del decostruttivismo è il filosofo francese Jacques Derrida (1930-2004 per chi è interessato alle date).

Ha avuto una grande influenza sull'arte ma soprattutto sull'architettura a partire dagli anni 80 del secolo scorso. L'architettura descostruttivista è in netta contrapposizione con l'architettura razionalista. Si cercano nuove geometrie scomponendo le forme e gli spazi per ricomporli in forme totalmente slegate dalla tradizione architettonica grazie anche all'uso di materiali e tecniche innovative. I nomi sono quelli di grande attualità oggi: Frank Gehry, Peter Eisenman, Daniel Libeskind, Zaha Hadid. (gli ultimi due protagonisti nella ristrutturazione dell'ex area fiera a Milano, oggi Milano CityLife, con due torri e due interventi di edilizia privata in parte già realizzati)

 

E allora ecco l'immagine decostruita.  

L'immagine viene prima scomposta e poi ricomposta in modo tale da liberare la scena fotografata da tutto il superfluo con l'intento di portare chi poi l'osserverà a soffermarsi sull'essenza delle forme o delle trame su cui gli occhi (i miei occhi) si sono soffermati prima che il cervello (e la fotocamera) elaborasse il tutto in una immagine. Una ricomposizione che rappresenti la sequenza temporale della visione, che vuole mostrare così a chi osserva non l'esito finale del processo dell'osservare ma il processo stesso come l'ho vissuto.